Biografia
Simon, nato a Blackpool, England, figlio di una
cantante lirica e di un pittore astrattista, inizia all’età di quattro mesi la
ricerca in campo musicale, sporgendosi dal box per cominciare a suonare le
prime note di un mastodontico pianoforte nero dai denti d’avorio gialli e
invecchiati, che lo avrebbero ispirato in proposito
alla grandezza e all’importanza della musica, come mezzo per trasportarsi in
qualsiasi dimensione o stato emotivo, al di là della rete del box che gli
impediva qualsiasi atto creativo e simpaticamente distruttivo tipico dei
bambini di quella età.
Sedutosi finalmente sullo
sgabello girevole a tre zampe e di incerto equilibrio,
dopo qualche anno passato in piedi dinnanzi al mastodonte, conscio
dell’instabilità di qualsiasi assunto, procede nella lettura degli esercizi di
base per piccole mani, sino ad averne le scatole piene, e intraprendendo una
investigazione autodidatta sull’elaborazione di tutte le possibili variazioni
musicali a partire da una nota in su, passa alcuni anni al contrappunto con
molto sentimento e poco disappunto.
Quando la madre, che lo
vuole iscritto al conservatorio comincia a cacciarlo fuori da
sotto i letti con lo scopettone per imporgli la costanza dell’esercizio, con
fermo intento decide di rifiutare in blocco gli insegnamenti canonici degli
spartiti più in voga per masochisti del piano, e di farsela a piedi, anche se
la strada e’ lunga. Volge la sua attenzione allo studio del flauto traverso, ed
entra al conservatorio di Santa Cecilia, dove non perde occasione fra una
lezione e l’altra di suonare tutti i pianoforti del conservatorio ( compreso il gran coda
di riserva che si trovava allora, sotto quello della sala delle audizioni,
all’interno del palco che sorregge l’organo a canne ).
Preso il diploma di
Solfeggio, continua la sua ricerca confrontandosi da quel momento in poi con
gli strumenti più disparati; dal salterio all’arpa celtica, dalla chitarra, ai
flauti di ogni paese, armoniche a bocca, ocarine e
campane tubolari, perdendosi nell’infinita varietà dei suoni e delle timbriche,
dei generi e degli stili, e affrontando le forme più semplici e tribali come
quelle più elaborate della composizione moderna, scrive un migliaio di spartiti
in cinque anni su qualsiasi foglio gli capiti sottomano, incontrando qua e la
musicisti con i quali collabora nella composizione e produzione di lavori di
vario genere.
Alle soglie della
dodecafonia e della psicomusica trascendentale, al di là della quale non resta che portarsi in gita un
pianoforte in spiaggia e dargli fuoco, si ferma dinnanzi all’invisibile limite
che vuole le cose ordinate per ordini stabiliti; un muro sorretto dalle spalle
di coloro che conservano il mondo in bacheca, come indica la parola stessa “
conservatorio”. Attraversa quel limite sostenuto da quei suoni mai uditi e giunge per quella via al di là delle strutture mondane e delle formule plagiate a
quel canto angelico che risveglia la coscienza. Si impegna
quindi a comunicare a quelli che non hanno mai udito quelle armonie, la loro
esemplare purezza. Spontaneamente, con semplice ardore, dialoga durante le sue
improvvisazioni quotidiane, con il silenzioso ascoltatore, e chiedendogli un
giorno il favore di donargli una Workstation, se per caso ne avessero
qualcuna in più nelle alte sfere, chiede aiuto all’altissimo, e tre giorni più
tardi, esaudito per divino accordo il suo desiderio, torna a casa con la sua
prima tastiera elettronica capace di rendere acusticamente seppure in modo
primitivo ciò che prima poteva solo immaginare.
Incomincia così una nuova fase
creativa, e dai semi del suono, i Bija mantra, procede nella sua ricerca, ormai in grado di
rendere fruibili al mondo attraverso l’aiuto di un nutrito numero di oscillatori, quei suoni che fino ad allora aveva udito in
modo sottile, attraverso l’ascolto del Para Sabhda.
Decide allora di percorrere le due vie della creazione, partendo nelle due
direzioni e mentre compone un altro migliaio di brani da un lato, utilizzando
le più svariate tecniche moderne, grazie all’ausilio dell’elettronica, in grado
di rendere ancora più fluido il discorso creativo, lascia che il fiume scorra a
valle, mentre risale la cascata per raggiungere la fonte, ricercando i suoni
primordiali. Trova nei mantra, i semi della
conoscenza e della trasformazione.
Scrive quindi il libro “Il pensiero sonoro” e insegna per qualche tempo nell’ambito dello Yoga, le tecniche del canto armonico, Mantra Yoga e le modalità dell’utilizzo dei suoni e della parola per ristabilire l’equilibrio, trasformare le cose, e far magie. Dopo essersi rifocillato un poco all’acqua della fonte, torna a forgiare la forma sottile, e scrive altri 600 brani circa, dalla Musicoterapia alla Meditativa, da quella Rilassante a quella Evolutiva, Jazz, Underground, Elettronica, Sperimentale ecc...
Raccoglie i frutti del suo
raccolto in una settantina di CD, scrive musica per balletto,
classica, moderna, contemporanea, jingles
pubblicitari, colonne sonore, musica rituale, sonorizzazioni e altro, e
comincia a plasmare la forma secondo la sua sensibilità, sino a rinunciare
esplicitamente all’ingerenza delle forme musicali parassite, per posare tutte
le cose raccolte, rinunciando alla lettura di qualsiasi spartito, per passare
il suo tempo a comporre e scrivere solamente.
La scelta e’ dura, ma
proficua, e rinunciando al lato pedissequo della mente per dare maggior spazio
alla sua natura, contrasta l’invasione del mondo e della cultura che plagia i
singoli attraverso il soma quotidiano, col silenzio
della meditazione. La cacofonia assordante delle civiltà industriali ricorsive, si perde
allora nel fruscio delle foglie che rotolano nel cortile. Il grido assordante
delle emittenti mediatiche che ogni frequenza pervadono e saturano di onde pur di essere ovunque, si ferma
dinnanzi alla regola d’oro del silenzio che
pervade i luoghi di culto e il cuore dei mansueti. Ascoltare il suono del
ruscello, il divenire del Se, ricercare al di là dell’udibile
quell’intento puro che ha spinto chi ha compiuto quel
gesto a farlo, lo rende cosciente delle vibrazioni sottili che soggiacciono al
compimento delle cose.
Purificato l’animo e l’intento,
e svuotata la coppa, non anticipa più a se stesso la
melodia, per farne frutto mentale, ma la vive nella sua interezza ascoltandola
nel contempo, in perfetta assonanza, guidato e guidando le sue dita e il suo
respiro,
senza più attendere che l’ispirazione lo venga a trovare.
Condivisa l’armonia dei
rapporti e delle proporzioni delle cose, raggiunto lo stato di
imponderabile equilibrio, egli e’ senza sforzo alcuno ispirato nel
momento in cui si pone innanzi all’atto creativo.
Prende vita qui, senza
l’ausilio della sofferenza, che tanti musicisti ha spinto a comporre; o dell’amore come del dolore, che li
ha richiamati al lavoro; o delle droghe, che hanno loro imposto per azione
distruttiva sui neuroni quei percorsi alternativi che altrimenti non avrebbero
imboccato, un modello di creatività non più legata e prigioniera del
sentimento, ma limpida al di là dell’acqua, che non si
lascia afferrare a mani nude, ma va bevuta affinché ella disseti.
Egli si guarda bene dal
condividere quegli stati di alterazione mentale
nell’ambito dei quali sarebbe cosa saggia astenersi dal dare cattivo esempio o
intraprendere l’atto creativo in senso generativo. Il Buddha
diceva, uno lascia il mondo dietro di se, e un milione lo seguono. Attraverso
la consapevole rinuncia al plagio e alla costante ripetitività
delle ritmiche, legate al commercio dell’ipnosi e alle formule per imprigionare
le menti, scolpendo la forma sottile del suono e plasmandola come creta, egli
rende partecipe il mondo di quella vibrazione che soggiace alla scrittura
stessa e all’ascolto fisico - meccanico delle modulazioni di frequenza, per
proseguire il suo viaggio in quelle terre disabitate ove il mistero e’ di casa
e la trascendenza, come i mondi sottili sono rispettati più di quanto non si
faccia con la materia che tangibilmente ci circonda.
Dalla rinuncia consapevole all’atteggiamento
consumistico che condiziona le menti a bramare e bruciare novità alla velocità
del fuoco, si torna ad apprezzare il giusto equilibrio degli elementi.
Quando la percezione
mentale si sostituisce all’ascolto auditivo e alla sensibilità del cuore, non
ci troviamo più in presenza del sentire “Feeling”, e
il frutto dei principi elaborativi stessi, col relativo inganno della forma, posta
in primo piano grazie alle opzioni di qualche programma informatico, ci
consegna lavori asettici che non sanno né d’arte né di parte.
E’ responsabilità di ogni singolo artista quella di restare tale, sia dinnanzi agli automatismi, che rendono l’uomo un automa, e alle pressanti codificazioni che alla stregua di un setticlavio dalle immense proporzioni, si interpongono a guisa di burocratico rallentatore.
Un giorno, su un treno che attraversava una
galleria, ascoltando della musica che avevo composto, tutti restarono incantati
nel buio di quegli attimi durante l’attraversamento di una galleria. Quando il
treno sbucò dalla galleria, dato che i presenti si erano
persi chissà dove, li richiamai risvegliandoli da quella loro realtà interiore,
e chiesi loro da dove venivano e dove andavano… quale altro viaggio avessero
intrapreso mi interessò massimamente…, e fu allora che capii che quando la
musica muove la coscienza e le gambe, essa e’ degna di raccontare la sua storia;
e se nella purezza di una semplice melodia essa muove i sentimenti, resterà per
sempre nel cuore, nell’anima e nella memoria di chi la ha ascoltata.
Meglio il silenzio, alle
parole che non dicono nulla. La melodia di un flauto,
la purezza di una filastrocca canticchiata da una bambina, la ninna nanna
cantata dalla mamma, ricordi persi nella confusione dei rumori assordanti
travestiti da valori musicali, che nel cattivo esempio fanno gran chiasso e
generano caos nelle menti che li subiscono.
Sono stato anche in miniera, coma chiamo le
discoteche, o luoghi del culto del caos, e ho scritto musica
e suonato con i “minatori”, adatta a frantumare la roccia, ma li si
parla di minare le basi della mente per renderla impotente, e mentre chi ci
ascoltava si smarriva nel grande nulla sospinto da quel vento, ho visto la
roccia farsi polvere e ho compreso ciò che accade quando si utilizzano male le
vibrazioni. Se non e’ cosa buona, meglio astenersi.
Forse un giorno a
microbiologia si accorgeranno che quelle curve e quei numeri trascritti su una
decina di fogli, non erano solo
frutto dell’immaginario… e investigheranno
in quella direzione per curare l’uomo dai virus attraverso il suono. Confido
nel vostro ascolto, e se avete provato anche per un solo attimo quello stato di imponderabilità che trasporta senza peso al di là del
contingente la mente di chi cerca oltre l’apparenza la talità,
vuol dire che il vostro cuore sente, e ora potete respirare di nuovo. “Music matters”, Che il suono sia con voi.
Se desiderate scrivermi
sono al seguente E-mail : simontao@tiscali.it
Se volete contattarmi, inviatemi un sms al numero 349\7564968
Simon Tao